La Democrazia Imperiale./The Imperial Democracy.

Articolo scritto nel marzo 2018
/Article written in March
2018
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Il ricorso alle rimembranze costipate nella “proprietà privata” e l’assenza di quella contrapposizione ideologica che paradossalmente e precocemente indebolisce ed appassisce ogni attore immediatamente dopo l’incoronazione di alloro, non è qui disponibile
The use of remembrances constipated in “private property” and the absence of that ideological contrast that paradoxically and precociously weakens and withers every actor immediately after the crowning of laurel, is not available here …

(Cenni di elucubrazione adattiva nel segno parossistico; spicce considerazioni della post distopia orwelliana: situazionismo mediatico in tempo reale come forma reazionaria)
Il tentativo di spiegazione non sarà tale quando i risultati saranno compiuti all’interno delle nuove tecnologie logiche che disarmano il controllo temporale dei risultati stessi; l’istantanea produzione di esiti, nel moto descrittivo di origine situazionista, non è cangiante, variabile o volubile ma, ne prospetta l’intesa ed il fabbisogno. Al di la delle congetture, il tempo a noi ora disponibile, consegna non un prammatismo esistenziale di sorta, una qualche lettura estemporanea ma, una preoccupazione che trova origine nel dialogo scritto da Platone (Politico Πολιτικός) più di 350 anni prima di Cristo, laddove già le prime basi della democrazia trovano instabilità! Non c’è nessun accenno critico in questa disanima: è la constatazione che l’incognita a cui il sommo pensatore dava parziale risalto, tale fu e, perfettamente definita ne “la cultura democratica”, materia indispensabile per reggere la perfetta ideologia oltre ogni prammatismo, appunto. Perfetta lo è, consolidando la storica disfatta marxista nelle sue forme di applicazione sociale a cui abbiamo tutti noi assistito; inapplicabile lo è altrettanto, considerata l’instabilità delle società umane insediatesi nel Pianeta dopo l’aver -esso- sopraffatto.
Aggiungo: la deriva consumista che ha retto per non poco tempo ogni democrazia -oggi nella fase finale- dopo aver considerato il fenomeno delle “aspettative crescenti”, (in integrazione le conflittualità di stabilire e conciliare i “diritti crescenti”) non presenta alcun tipo di analisi soddisfacente da parte di chi l’ha proposta, escogitata oso dire.
L’Occidente, per tanto, è succube; pena!
Il pensiero smithsoniano, l’egocentrismo fondamentale spiegato, sarà quindi ancora una volta salvifico? Il ricorso alle rimembranze costipate nella “proprietà privata” e l’assenza di quella contrapposizione ideologica che paradossalmente e precocemente indebolisce ed appassisce ogni attore immediatamente dopo l’incoronazione di alloro, non è qui disponibile, in quanto altererebbe -fosse considerata questa una prima conclusione- il concetto di produzione istantanea sopra delineato e, soprattutto, non reggerebbe fedelmente la fiorente, vincente e rinnovata vitalità di quella Società che si colloca nella odierna Cina e che probabilmente, una parte di Oriente ed India si apprestano ad assumere. L’obiezione di fondo, l’indicare la potenza orientale cinese quale fucina sì di un innovazione ma discostante dai princìpi democratici, è, senza mezzi termini, un ricorso poco lucido ma consenziente a quelle rappresentazioni statiche ed allo stesso tempo sterili dei perduti più che perdenti, viste le rincorse Occidentali al mantenimento di quell’ordine (democratico) di cui non (ri)conoscono più la sostenibilità, dopo aver digerito nel totale fallimento l’epilogo di ogni guerra che si è svolta e si svolge nel nostro mondo, “attività produttiva e redditizia” sempre ai vertici economici di ogni Nazione dicasi democratica. Scansando con precisa stizza ogni defilato silenzio difronte ad una ragionevolezza nel suo compimento, considerando questo silente fare come circostanza di pensiero predisposto ed associato alla delinquenza, nell’attenuazione dall’attività complice di chi si ostina ad ignorare detta logica, come insediare una proposta difronte a cotanta materialità?
Riponendo ogni pensiero nella sopravvivenza della specie che vive dal consumo?
Dando credito al presente in un momento di appagamento fatalista? Fino ad oggi probabilmente è stato così; nelle “verifiche di attuazione” è stata un efficace panacea dominatrice di ogni Landa conosciuta e baciata dalle attività economiche ed industriali ma, l’intelligenza artificiale non lo permetterà più. Lo sappiamo questo? La coercizione di pensiero è già disponibile, sebbene per il momento le macchine risultano ancora operanti grazie alla nostra umana conduzione ed attività connessa per il loro controllo diretto; “le responsabilità”, qualora vengano ricercate, sono ancora indicate in un adduzione incentrata all’umano, sebbene già da ora la certezza di un dolo non è (più) possibile definirla tale e specifica, indirizzata in somma ad una o più persone. Sarà questo un caso? E’ davvero considerevole pensare che una Persona ricchissima e forse la più ricca abbia una responsabilità oggettiva difronte ad un danno recato dalla macchine che ha progettato? Si? No?
Per quale scopo: divenire il più ricco dei ricchi? Un attacco improvviso di edonismo schizoide? Se oggi, anno 2018, questo è pure possibile pensarlo, tra qualche anno questo giudizio non sarà più accettabile e, le “cause perse”, non avranno più locazione: dovremmo urgentemente prenderle in carico e dovremmo riprendere quella originale sapienza generatrice di comodo stallo, la cosiddetta democrazia, la nascente democrazia imperiale immune dalle cure teocratiche.
“Tutti hanno paura di Dio!” sarà sempre una questione aperta?

/(An overview of adaptive rumination in the paroxysmic sign, petty considerations of the Orwell post distopia: real-time media situationism as a reactionary form)
The attempt at explanation will not be such when the results will be achieved within the new logical technologies that disarm the temporal control of the results themselves; the instantaneous production of outcomes, in the descriptive motion of situationalist origin, is not changing, variable or volatile, but promises its understanding and needs. Beyond the conjecture, the time available to us now, delivery not an existential pragmatism of any kind, some extemporaneous reading but, a concern that originates in the dialogue written by Plato (Politico Πολιτικός) more than 350 years b.C., where already the first bases of democracy find instability! There is no critical mention in this disanimity: it is the observation that the unknown to which the supreme thinker gave partial emphasis, such was and, perfectly defined in “democratic culture”, indispensable material for holding the perfect ideology beyond all pragmatism… in fact. Perfect it is, consolidating the historic Marxist defeat in all its forms of social application to which we have all witnessed; inapplicable is the same, considering the instability of the human societies settled in the Planet after having been overwhelmed.
Add: the consumerist drift that has held up for a short time every democracy -today in the final stage- after considering the phenomenon of “increasing expectations”, (in addition to the conflicts of establishing and reconciling the “growing rights”) does not present any kind of satisfactory analysis on the part of those who proposed it, devised I dare say.
The West, therefore, is dominated; pain! So will the Smithsonian thought, the fundamental egocentricity explained, be once again salvific?

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The recourse to constipated remembrances in “private property” and the absence of that ideological opposition that paradoxically and precociously weakens and withers every actor immediately after the coronation of laurel, is not available here, as it would alter
-considered this a first conclusion- the concept of “instantaneous production” outlined above and, above all, would not faithfully sustain the flourishing, winning and renewed vitality of that society that is located in today’s China and that probably a part of the East and India are preparing to take. The basic objection, the indication of the Chinese oriental power as a forge of an innovation but devoid of democratic principles, is, in no uncertain terms, a rather lucid but consenting to those static and at the same time sterile representations of the lost more than losers, given the Western chases to the maintenance of that (democratic) order of which they no longer (re)know sustainability, after having digested in total failure the epilogue of every war that took place and takes place in “our world”, productive and profitable activity always available (at the economic summits) of every Country that calls itself “democratic”.
Precisely dodging each defile silence in front of a reasonableness in its fulfillment, considering this silent act as a condition of thought predisposed and associated with delinquency, in attenuation from the accomplice activity of those who insist on ignoring such logic, how to settle a proposal in front of to such great materiality? By putting every thought into the survival of the (human) species that lives by consumption? Giving credit to the present in a moment of fatalistic fulfillment? Up until now it has probably been like that; in the “implementation verifications” it was an effective panacea dominating every Land known and kissed by economic and industrial activities, but artificial intelligence will not allow it any more. We know this? Thought coercion is already available, although for the moment the machines are still operating thanks to our human conduction and connected activity for their direct control; “responsibilities”, if they are sought, are still indicated in an adduction focused on the human, although even now the certainty of a fraud is not (more) possible to define such and specific, addressed in sum to one or more people. Will this be a case? Is it really considerable to think that a very rich and perhaps the richest person has an objective responsibility in front of a damage caused by the machine he designed?
Yes? No? For what purpose: to become the richest of the rich? A sudden attack of schizoid hedonism? If today, year 2018, this is also possible to think of it, in a few years this judgment will no longer be acceptable and, the “lost causes”, will no longer have location: we should urgently take charge of it and we should resume that original wisdom generating a comfortable stall, the so-called democracy, the nascent imperial democracy immune to theocratic care.
“Everyone is afraid of God!” will it always be an open question?


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